Il petrolio e l'occidente




La offerta di petrolio è relativamente costante, solo piccoli aumenti negli anni da parte dell'Opec, di più da chi sta fuori del cartello. Ma anche la domanda è cresciuta poco rispetto ai prezzi.
La favola che la economia cinese abbia contribuito alla modifica dei prezzi rimane una bufala.
I prezzi dell'oil, espressi in dollari, in poco più di un anno si sono raddoppiati, mentre il dollaro ha perso un 15 %; i consumi cinesi di oil sono 1/3 di quello degli Stati Uniti, difficilmente possono aver influenzato più di tanto.
Qualcosa non funziona.

In pratica finanziariamente pare che ora ci si indebiti in dollari e si compri petrolio e commodity, mentre le borse e i bond vanno a picco. Sul petrolio le posizioni sono quindi ormai anch'esse a debito e a leva.

La componente ampiamente speculativa è quindi evidente e a poco valgono le ripetute dichiarazioni fantasiose del Presidente Bush di desiderare un dollaro forte. Il dollaro forte non interessa, anzi la svalutazione è utilissima per sorreggere le esportazioni americane, ma il petrolio ha preso la mano. I paesi membri dell'Opec si dicono invece preoccupati, temono un ribasso dei consumi.

Newscientist mostra i maggior produttori e consumatori di petrolio. Di conseguenza, per differenza, anche gli esportatori di Oil. Gli Stati Uniti, pur avendo una considerevole produzione, rimangono importatori netti per la metà del loro fabbisogno, che è quasi un quinto di quello mondiale.
La svalutazione del dollaro utile per la competizione delle loro produzioni non riesce a compensare il costo crescente per barile se non per via degli investimenti finanziari speculativi. Un bel rebus che rischia di sfuggire di mano a favore dei paesi esportatori e dei produttori in generale.
Petrolio non è solo benzina, ma i consumatori Usa iniziano a mugugnare.

Non si vede altra via che un raffreddamento d'imperio dell'attività speculativa, un po' come accadde per l'argento all'inizio degli anni '80.
Questa è la strada pensata anche dal ministro italiano dell'economia Tremonti. Una buona idea, ma che quand'anche sostenuta in Europa avrebbe probabilmente scarsissimi risultati pratici. Una simile iniziativa o la fanno propria negli Usa o se ne ricavera' ben poco. Con 20 milioni di barili giornalieri i maggiori consumatori restano gli americani più che gli europei. Il mercato è governato li' (non per nulla il prezzo è in dollari), ma anche i consumatori americani iniziano a sentire il peso del pieno benzina quindi la situazione appare matura per una soluzione tecnica (limitazioni nel tempo e/o nella quantità e nell'indebitamento per tenere aperte le posizioni al rialzo) , se non "politica" visto il crescente fastidio verso i Paesi Arabi tra la popolazione statunitense.

Solo così sarà possibile raffreddare, almeno momentaneamente, l'inflazione nella sua componente energetica.Le premesse tuttavia non sono buone, al G8 , contro ogni evidenza l'amministrazione , tramite Henry Paulson, nega. Del resto il mercato lo governano loro.

I più avvantaggiati dalla situazione di prezzi crescenti restano la Russia e i paesi del Golfo Persico e i petrolieri tutti. Un tentativo di soluzione di forza in quelle zone non è per nulla un fatto da trascurare e di fatto non è stato trascurato in un remoto passato (guerre nel Golfo). Pare ancora infatti la più gettonata politicamente parlando (Iran).

Con la compressione, in occidente, del ceto medio e la crescita dell'indebitamento favorito dalle politiche monetariste (con conseguente aumento stratosferico della massa monetaria concentrata in pochi soggetti), difficilmente si riuscirà comunque ad abbattere l'inflazione crescente. I margini sono molto stretti in larghe fette della popolazione e con la mobilità discendente in vigore da anni la cosa non sorprende.

La situazione in occidente è del tutto simile a quella del Giappone degli anni '90 e degli Usa nel '29, manifestatesi con l'anticipazione della crisi nei settori immobiliari. Con l'aggravante, oggi, di un tasso di risparmio quasi negativo presso una larga fetta della popolazione occidentale e di un debito pubblico crescente in molti paesi.
Non sarà una cosa breve, quali che siano gli alti e bassi momentanei.

Torna di moda il bond, meglio se a breve 3-5 anni e meno o indicizzati, in valuta locale.

Il resto è per amanti del rischio puro.

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