La quota 8.000 del DJ si rivela il vero spartiacque e li' le quotazioni si sono redirette dall'inizio di maggio. Sull' sp500 questo corrisponde alle quotazioni di circa 870 punti.
Il ritracciamento dei corsi apre nuovi appetiti agli investitori ormai frustrati dagli scarsissimi rendimenti dei bond governativi; pertanto è possibile che l'investimento nell'azionariato venga riconsiderato come un rischio accettabile. Del resto tutti gli organismi internazionali spargono un cauto ottimismo sulla ripresa prossima ventura, collocata per la metà del 2010. Più che di ripresa si dovrebbe parlare in realtà di tamponamento del crollo del sistema finanziario grazie ad iniezioni crescenti di liquidità da parte degli stati, impegnati a sorreggere la più imponente industria di intermediazione del secolo.
C'è quindi sufficiente carburante per ritenere che anche dal punto di vista dei fondamentali i corsi, dopo il ritracciamento degli ultimi due mesi, siano nuovamente appetibili e che qualche shift sull'azionario possa essere effettuato e venga di fatto realizzato. Un allentamento dal panico del semestre a cavallo dell'anno ha tutta l'aria di preparare una piccola euforia, come già dimostrato dalla primaverina dei corsi.
L'idea resta che 9500 e 11000 di DJ , 1000 e 1150 di SP500 sia alla portata delle quotazioni, entro l'autunno.
Difficilmente tuttavia questo si accompagnerà ad un sostanziale mutamento dell'economia, fortemente segnata da una disoccupazione e sottoccupazione crescente in presenza di una deflazione ancora in essere . Le aziende maggiori si ristrutturano, si fondono, trovano migliori occasioni di efficienza (sopratutto sul versante dei tagli occupazionali), ma la domanda aggregata diminuisce inesorabilmente, i deficit di bilancio degli stati aumentano e le entrate fiscali si riducono.
Come dire che presto non ci saranno fondi sufficienti, se non aumentando ancora immissione di moneta, per alimentare la ripresa.
Un cerchio infernale che non invita in realtà al benchè minimo cauto ottimismo, che per essere riacciuffato contempla una faticosissima inflazione prossima ventura.
La ripresa dei corsi presumibilmente si accompagnerà ad una corsa all'azionario, senza volumi e sul lato prezzi, ma solo per garantire la remunerazione nominale dell'investimento.
Il segno distintivo probabilmente sarà l'aumento dei tassi reali dei bond, fortemente compressi dalla politica espansiva e anti deflazionistica degli stati. Ma questa distribuzione di carta per sostenere i deficit si trova di fronte al problema dei rinnovi che già nel prossimo anno si presentano faticosissimi e saranno allettanti solo a tassi sensibilmente più alti.
Quindi: lasciare i bond (ancora) a tasso fisso, investire moderatamente in azioni a breve termine in area euro evitando rischi di cambio (ma liquidare sotto i minimi della settimana scorsa), rimanere per lo più fortemente liquidi fino a che i tassi non cresceranno e privilegiare per quel momento i bond a tasso variabile.
PS: le quotazioni dell'azionario italiano seguono di fatto quelle internazionali, anche qui la situazione è la medesima e non è difficile prefigurare una ripresa dei corsi verso 25/26.000 punti dell'FTSEMib.
Purtroppo la situazione italiana è economicamente assai più incerta di altre anche se ci si spertica ad affermare il contrario per tranquillizzare i consumatori e gli investitori. Lo dimostra ampiamente il tentativo di attingere all'ennesimo condono fiscale per far rimpatriare i capitali e la caduta verticale delle entrate fiscali, nonchè i timidi ma reiterati allarmi sull'andamento della crescente disoccupazione e sulla compressione dei redditi medi.
La sbandierata riduzione dei prezzi al consumo (grazie alla deflazione) è solo l'aglietto di scarsa immaginazione per calmare ulteriormente le acque in un momento di relativa bonaccia. La struttura industriale (media 15 addetti) ed economica italiana (preda di una oligarchia di imprenditori) consente scarsissimo ottimismo. Mancano risorse per gli investimenti e probabilmente ora manca anche una decente propensione ad investire da parte dei piccoli imprenditori in lotta con una sopravvivenza che nemmeno viene garantita dal tradizionario credito bancario di fornitura, antica fonte di finanziamento di lungo periodo, reiterato degli imprenditori senza capitali italiani.
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